Amore Agape e Incoerenza: Perché le Persone si Allontanano da Dio (e la Responsabilità della Chiesa)
Ti sarà sicuramente capitato di sentire frasi come: "Quella persona si è allontanata da Dio, non viene più in chiesa." Oppure: "Non vuole credere in Dio perché vede cosa fa la chiesa e i suoi ministri; vede troppa incoerenza."
E qui, purtroppo, spesso nasce il giudizio: si accusa l'altro di "cercare la chiesa perfetta" e si cita il detto: "Quand’anche trovassi la chiesa perfetta, dal momento che entro io o tu, sarebbe imperfetta." Sebbene queste affermazioni siano vere, non devono mai diventare una giustificazione per le nostre mancanze, come invece troppo spesso accade.
Poiché è difficile riportare a Cristo chi è stato scottato, siamo spesso convinti che quelle persone abbiano definitivamente rifiutato Dio e che non ci sia più alcuna possibilità di salvezza.
È vero che la salvezza si ottiene per fede in Cristo, ma c'è un altro aspetto cruciale da considerare: la nostra testimonianza. Prima di emettere un giudizio su coloro che si allontanano, dovremmo fermarci a porci delle domande fondamentali.
Partiamo dal cuore del Vangelo: Dio ama le persone, tutte, indistintamente. Questo è il fondamento della nostra fede e la risposta a ogni dubbio sul destino di chi "si allontana".
L'amore di Dio non è una ricompensa o un premio per la nostra bontà; è una sorgente inesauribile. Non si basa sul nostro curriculum, sulla frequenza in chiesa o sulla nostra impeccabilità morale. È un amore agape, incondizionato e auto-sacrificale.
Dio ha dato Cristo per i peccatori. Non eravamo degni, eravamo in piena ribellione (come nel caso del popolo d'Israele), eppure, in quel momento di massima distanza, Dio ha agito.
La storia di Israele è la dimostrazione più lampante di questo amore tenace. Nonostante l'idolatria e il continuo fallimento nell'adempiere la Legge, Dio ha mantenuto le sue promesse. I richiami, i profeti, e infine Cristo (mandato primariamente a loro) sono l'espressione di una fedeltà che va oltre ogni nostra infedeltà. Se Dio non ha mai smesso di amare il popolo più ostinato, quanto più il Suo amore è disponibile per chiunque oggi sembra averLo rifiutato?
Ciò che Dio è stato per Israele, lo è anche per ciascuno di noi, non c’è differenza. L'amore di Dio non è selettivo; è universale, offerto a ogni essere umano. La salvezza si ottiene per fede, certo, ma l'offerta stessa della salvezza è motivata da questo amore incondizionato.
Questa riflessione nasce da un passo del vangelo di Giovanni e che ha toccato il mio cuore profondamente:
Giovanni 15:22, 24
Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa... Se non avessi fatto in mezzo a loro le opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; ora invece le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio.
Questo passaggio è un vero e proprio "scossone". Gesù lega la colpa del rifiuto alla qualità della testimonianza data.
Stabilisce un principio chiaro: se la Sua testimonianza (parole e opere) fosse stata incompleta, i Giudei non avrebbero avuto colpa.
Questo non significa che prima di Gesù fossero innocenti, ma che la pienezza del peccato (il rifiuto finale) viene imputata solo dopo che è stata data la pienezza della rivelazione. Rifiutare Cristo, le Sue opere ineguagliabili, significa rifiutare Dio stesso in azione. Questo rifiuto diventa una decisione consapevole contro la Verità manifesta.
La Nostra Manchevolezza
Qual è la lezione per noi? Prima di giudicare chi si allontana, andiamo a valutare la nostra testimonianza.
Se Gesù ha messo in conto l'ipotesi (assurda, ma logica) che una Sua mancanza potesse giustificare il rifiuto, quanto più è probabile che una nostra manchevolezza possa ostacolare la fede di un altro!
La nostra responsabilità non è salvare quella persona (solo Dio lo fa), ma garantire che, nel momento in cui dovesse rifiutarci, stia rifiutando Cristo attraverso di noi, e non una versione distorta, ipocrita o incoerente di Lui, perché in questo caso potremmo essere noi stessi la causa di quel rifiuto.
Il cuore di una testimonianza potente è l'integrità.
Genesi 17:1: «Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza, e sii integro».
Essere Integro: Significa essere completo, intero, essere davvero quello che mostri di essere. Non puoi essere una persona in chiesa e un'altra al lavoro o a casa. La vera potenza non è solo nelle parole, ma nella coerenza tra il nostro credo e la nostra vita (le "opere" di cui parla Gesù).
Integrità Interiore: Sii integro anche quando sei solo. Nei pensieri, nelle reazioni immediate, in ciò che scegli. Quando la tua vita interiore e quella esteriore si allineano perfettamente con i principi di Cristo, allora la tua testimonianza è pura luce.
Questa integrità è la sincerità. Il termine, con la sua etimologia di "non mescolato" e "senza cera" (non riparato con l'inganno), ci insegna che:
Se la nostra vita è "piena di cera" (coperta da giustificazioni, da maschere di perbenismo), non offriamo la bellezza autentica di Cristo, ma un simulacro fragile e ingannevole.
La strada per la sincerità non è la perfezione, ma l'immediata confessione e il ravvedimento. Dobbiamo essere trasparenti nella nostra imperfezione e rapidi nell'accettare la grazia e il perdono di Dio.
Oltre all'integrità, c'è l'elemento dell'empatia. Dio ha una cura particolare per le persone ferite (Salmo 147:3: "Egli risana quelli che hanno il cuore spezzato e fascia le loro ferite").
Una persona che si allontana dalla fede si porta dietro profonde ferite, spesso causate dalla comunità stessa.
Quando queste ferite non vengono curate, l'individuo diventa coriaceo al messaggio del Vangelo. Il suo rifiuto non è primariamente un "odio verso Dio", ma una difesa contro il dolore. Vede la fede come una fonte di ipocrisia, non di vita e lo identifica con Dio.
La Doppia Responsabilità:
Non essere autori di quelle ferite. La nostra integrità è l'antidoto all'ipocrisia che ferisce.
Essere canali di guarigione. Solo l'amore incondizionato di Dio (agape) può penetrare e curare. Il nostro compito è offrire questo amore come un balsamo, con pazienza e autentica compassione, dimostrando che l'Amore che predichiamo è terapeutico e non la causa del loro dolore.
Questa vita di integrità e compassione non è una lista di regole, ma l'espressione del nostro uomo nato di nuovo; è la manifestazione del frutto dello Spirito che abita in noi (Galati 5:22). Puoi vivere in questa pienezza dimorando nella Parola di Dio e permettendo che rinnovi la tua mente (Romani 12:2). Una persona che medita e dimora nella Parola (Giosuè 1:8) non sarà di scandalo per chi cerca la verità.
Questa pienezza permette alla potenza di Dio di manifestarsi attraverso di noi:
In verità, in verità vi dico: chi crede in me farà anch'egli le opere che io faccio; anzi ne farà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. (Giovanni 14:12).
Parleremo e opereremo nella potenza dello Spirito Santo, e in quel modo mostreremo solo Cristo. A quel punto, il vero amore corteggia, conquista e poi custodisce.
Se chi ci guarda vede una vita pienamente integra, trasparente e potente, allora è davvero al cospetto di Cristo (Galati 2:20). Se rifiutano, è una loro libera scelta. Se invece si allontanano perché vedono l'ipocrisia, il giudizio o la mancanza di amore, la lezione di Giovanni 15:22-24 incombe sulla nostra coscienza. La nostra missione è far sì che la loro scelta sia solo davanti a Lui.
L’amore che custodisce
La nostra missione non si esaurisce nello strappare le anime dall'inferno predicando Cristo. L'amore per le anime è anche il "conservarle" affinché crescano e arrivino alla statura perfetta di Cristo.
Gesù stesso, nella Sua preghiera sacerdotale poco prima di andare in croce, esprime questo profondo amore e questa responsabilità di custodia:
Ora io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dato, affinché siano uno come noi. Mentre ero con loro nel mondo, io li ho conservati nel tuo nome; io ho custodito coloro che tu mi hai dato, e nessuno di loro è perito, tranne il figlio della perdizione, affinché si adempisse la Scrittura. (Giovanni 17:11-12)
C'è un amore immenso in queste parole! Gesù chiede al Padre di continuare a conservare i Suoi, dopo averli Lui stesso custoditi gelosamente nel Suo nome, affinché nessuno si perdesse.
Gesù è stato il massimo sacrificio per la salvezza, un sacrificio che nessuno di noi può o deve eguagliare. Ma il Suo amore, quel motore che Lo ha spinto a un tale atto, quello dobbiamo ricercare e manifestare.
Gesù è stato ubbidiente fino alla morte di croce per vedere le anime salvate. Questo ci porta alla domanda cruciale: Fino a che punto sei disposto a morire a te stesso per amore di Cristo e per amore della Sua opera?
Morire a sé stessi significa rinunciare al proprio egoismo, al proprio orgoglio e alla propria pigrizia per vivere nell'integrità e nell'amore incondizionato, diventando quel canale puro e non contaminato che le persone ferite e non solo, hanno bisogno di vedere.
Gesù ha trascorso la Sua vita in costante comunione con il Padre per dare a chi Lo ascoltava le parole del Padre e per mostrare le opere che vedeva dal Padre. Questo fu ciò che:
Permise alle persone di vedere Dio Padre attraverso di Lui (Giovanni 14:9-11).
Attirava le folle.
Ha conservato i Suoi discepoli e li ha resi campioni di fede.
Gesù ha detto: "Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi." Giovanni 20:21.
Questo significa che, per conquistare e conservare le anime, dobbiamo imitare il Suo esempio perfetto: vivere in comunione profonda con Dio per essere integri (senza cera), guaritori di ferite (con l'agape) e potenti (nello Spirito Santo).
Solo in questo modo, saremo conservatori di anime, e la loro scelta sarà solo davanti a Dio, non a causa nostra.
Conclusione
In definitiva, la nostra riflessione ci riporta sempre alla stessa croce e allo stesso amore, quello agape di Dio.
Il Signore ha già compiuto il massimo sacrificio.
Anche a noi oggi, come ad Abramo, è richiesta l'integrità. Siamo chiamati ad abbandonare la "cera" delle nostre giustificazioni e a vivere un Vangelo autentico, non frammentato. Perché quando la nostra vita è integra e trasparente, quando il nostro amore è terapeutico e paziente nel fasciare le ferite (Salmo 147:3), allora smettiamo di essere l'inciampo e diventiamo il faro.
Ricorda: Gesù ci ha mandato come il Padre ha mandato Lui. La nostra missione non è solo strappare le anime all'inferno, ma conservarle e farle crescere, proprio come ha fatto Lui (Giovanni 17:12).
Non temere il giudizio altrui; temi piuttosto l’incoerenza. Se viviamo dimorando nella Sua Parola, e se la nostra vita è la manifestazione del Frutto dello Spirito (Galati 5:22), saremo come Cristo: potenti, guaritori e pieni di grazia. A quel punto, se qualcuno rifiuterà, non sarà colpa nostra, ma la sua scelta consapevole davanti a una Verità perfettamente manifestata.
Siamo all'altezza di questa responsabilità? Il mondo sta aspettando la risposta, e la risposta è la nostra vita.
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