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La Donna Ricurva da Diciotto Anni

 

Luca 13:10-17

Or egli insegnava in una delle sinagoghe in giorno di sabato. 11 Ed ecco vi era una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito di infermità, ed era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi. 12 Or Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità». 13 E pose le mani su di lei ed ella fu subito raddrizzata, e glorificava Dio.

Il racconto di Luca si apre con una premessa cruciale: Gesù stava insegnando in una sinagoga di sabato. Non è una semplice annotazione temporale, ma un dettaglio carico di significato. Per gli ebrei, il Sabato era il culmine della settimana, un giorno sacro di riposo, dedicato a Dio. Le leggi sul Sabato erano estremamente rigide, e qualsiasi forma di "lavoro" era severamente proibita, considerata un'offesa grave a Dio.

Questa intransigenza nasceva da una comprensione parziale, e a volte distorta, del vero significato del Sabato. Era diventato un fardello di regole, piuttosto che il dono di riposo e benedizione che Dio intendeva. Gesù, attraverso le sue azioni, stava gradualmente rivelando la prospettiva divina su questa legge fondamentale. Le sue guarigioni di sabato non erano sfide capricciose, ma lezioni viventi sulla natura del Regno di Dio.

Non soffermiamoci però su questo, ma analizziamo ciò che Luca racconta di questa donna, visibilmente sofferente, completamente piegata e incapace di raddrizzarsi. La Parola ci dice che era afflitta da uno "spirito di infermità" e "tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi" per ben diciotto anni. Un quadro di sofferenza prolungata e debilitante. Immagina la sua vita: ogni passo, ogni gesto, ogni interazione con il mondo avveniva da una posizione piegata, con lo sguardo perennemente rivolto verso il basso.

Il termine greco astheneia, che viene tradotto con "infermità", è illuminante. Non si riferisce solo a una "debolezza" fisica, ma include anche una "mancanza di forza mentale", un'incapacità di comprendere o di reagire. Questo dettaglio è cruciale per capire l'intera portata della sua condizione.

Leggiamo Matteo 8:17, che si riferisce alla profezia di Isaia: «Egli ha preso le nostre infermità e ha portato le nostre malattie». È fondamentale notare che si menziona sia "infermità" (dal greco astheneia) che "malattie" (dal greco nosos o malakia, che indica specificamente disturbi fisici). Questa distinzione non è casuale, ma specifica l'ampiezza dell'opera redentrice e guaritrice di Gesù.

    • "Ha preso le nostre infermità" (astheneia): Qui, Gesù si fa carico di quelle debolezze che vanno oltre il fisico. Parliamo di fragilità mentali, emotive, spirituali: l'ansia, la depressione, la rassegnazione, la disperazione, le catene psicologiche che ci impediscono di "raddrizzarci" pienamente nella vita. È l'opera di Cristo che libera la mente e lo spirito dalla schiavitù della debolezza.

    • "E ha portato le nostre malattie" (nosos / malakia): Questa parte si riferisce esplicitamente alle afflizioni fisiche, alle patologie del corpo. È la guarigione di febbri, paralisi, lebbra e di ogni sorta di disturbo corporeo conosciuto e non, che impedisce il benessere fisico.

Insieme, queste due espressioni in Matteo 8:17 non descrivono una guarigione parziale, ma una guarigione completa. Gesù non è venuto solo a curare il corpo, lasciando la mente o lo spirito in balia della debolezza, o viceversa. Egli è venuto a liberare l'essere umano nella sua totalità: corpo, mente e spirito. La guarigione della donna piegata nel racconto di Luca è un vivido esempio di questo: non solo il suo corpo fu raddrizzato, ma anche la sua mente e il suo spirito furono liberati dalla prigione dell'astenia, permettendole di "glorificare Dio". Questa è la promessa del Vangelo: in Cristo troviamo non solo il perdono dei peccati, ma anche la guarigione dalle malattie e forza e libertà dalle debolezze che ci impediscono di vivere pienamente e con speranza. È un messaggio di integrità e restaurazione completa.

L'Astheneia: L'Identità della Malattia

Questa donna, quindi, non era solo fisicamente piegata; la sua infermità aveva penetrato la sua mente e il suo spirito. Diciotto anni sono un tempo lunghissimo. In un periodo così esteso, la malattia non è più solo una condizione esterna; diventa parte integrante della propria identità. È come se la sua mente, per tanto tempo, avesse accettato quella debolezza, quella limitazione, come la sua unica realtà possibile. L'incapacità di raddrizzarsi fisicamente si traduceva in un'incapacità di "raddrizzare" la propria prospettiva, di immaginare una vita diversa.

Non riusciva a "reagire" perché, probabilmente, aveva perso la speranza, la forza interiore, o la stessa idea che le cose potessero cambiare. La debolezza fisica si era trasformata in una debolezza mentale e spirituale, una sorta di rassegnazione che le impediva di vedere oltre il suo stato attuale. La sua mente era diventata prigioniera della sua condizione.

Questo scenario non è affatto lontano da ciò che molti vivono oggi. Quante volte vediamo persone, o forse anche noi stessi, che si trovano in situazioni di sofferenza prolungata, sia fisica che emotiva o psicologica, e arrivano a un punto in cui la condizione diventa quasi una parte della loro identità? Quando una malattia persiste per anni, la mente può diventare debole e incapace di "mettere in atto la fede per la guarigione". Non è per mancanza di desiderio, ma perché la visione di una vita senza quella malattia si è affievolita o addirittura è inesistente. La persona non riesce più a concepire se stessa se non in quello stato di debolezza.

La malattia diventa il filtro attraverso cui si percepisce il mondo e se stessi. "Sono il malato cronico", "sono quello che non riesce a fare questo o quello", “non posso andare là perché sto male”. Questa identità può essere difficile da scardinare, anche quando si presenta un'opportunità di cambiamento o guarigione. L'astenia mentale porta all'incapacità di reagire, di cercare attivamente soluzioni, di sperare contro ogni speranza. È un circolo vizioso in cui la debolezza fisica alimenta la debolezza mentale, e viceversa.

La Liberazione: L'Intervento di Cristo

Gesù, in questo racconto, non aspetta che lei chieda aiuto e nemmeno le chiede “Cosa vuoi che ti faccia?” perché sa che la donna era così schiacciata dalla malattia che probabilmente avrebbe dato una risposta piena di incredulità. Egli vede e affronta questa profonda debolezza interiore, questa prigionia mentale. La chiama e le dice: "Donna, tu sei liberata dalla tua infermità."

Questa è un'affermazione di verità che rompe le catene non solo fisiche ma anche quelle mentali e spirituali che per diciotto anni avevano tenuto prigioniera questa figlia di Abrahamo. Poi pose su di lei le mani, e all'istante, fu raddrizzata. Quel corpo e quella mente, per decenni prigionieri, sono liberati e la sua reazione immediata fu di glorificare Dio. Questo atto di guarigione non è solo fisico; è una liberazione completa, un ritorno alla dignità e alla pienezza della vita.

In un mondo che ci spinge costantemente a cercare soluzioni di ogni tipo, il Vangelo di Gesù propone qualcosa di radicalmente diverso: non una "guarigione parziale," ma una restaurazione completa dell'essere umano. Spesso, pensiamo alla fede come a un'assicurazione per la vita dopo la morte o, nella migliore delle ipotesi, come a una forza che ci aiuta a superare le difficoltà. Ma l'opera di Cristo va ben oltre.

Egli non è venuto solo a curare il corpo, lasciando la mente e lo spirito in balia della debolezza. E non è venuto a offrire una consolazione spirituale, ignorando il dolore e la malattia fisica. La sua missione è liberare l'essere umano nella sua totalità: corpo, mente e spirito. La storia della donna piegata ne è un vivido esempio, un'illustrazione perfetta di questa verità.

Quando la Parola di Dio distingue tra "malattie" (nosos) e "infermità" (astheneia), ci svela l'ampiezza dell'opera di Gesù. Le malattie fisiche sono visibili e concrete, come una febbre o un arto paralizzato. Ma le infermità sono più insidiose: sono le debolezze che ci piegano dentro, quelle fragilità mentali ed emotive che la medicina fatica a curare. Parliamo di ansia che ci immobilizza, di depressione che ci oscura la mente, di una rassegnazione che ci fa sentire "rotti" e incapaci di rialzarci.

Il gesto di Gesù verso quella donna fu una dichiarazione di guerra a ogni forma di prigionia. Non solo il suo corpo fu raddrizzato, ma la sua mente e il suo spirito furono liberati dalla prigione dell'astenia che l'aveva definita per diciotto anni. Cristo non si limitò a eliminare un sintomo; Egli ha affrontato la radice del problema, ristabilendo la sua dignità, la sua speranza e la sua identità.

Questa è la promessa del Vangelo: in Cristo troviamo non solo il perdono dai peccati, ma una forza e una libertà che spezzano le catene fisiche, mentali e spirituali. È un messaggio di integrità e di salvezza totale. Il Vangelo non è una dottrina astratta, ma una forza viva che promette di guarire il tuo cuore, di dare pace alla tua mente e di restaurare il tuo corpo. È un invito a riscoprire la vita in tutta la sua pienezza, una vita dove non sei più definito dalla tua sofferenza, ma dalla potenza di Colui che ti ha reso integro. Non è forse questo, in fondo, ciò che tutti cerchiamo?

La Dinamica della Guarigione Oggi

Comprendere la dinamica della guarigione oggi, specialmente in una situazione di astheneia dove la malattia è diventata un'identità e la forza mentale è compromessa, richiede un approccio profondo e compassionevole. Spesso, c'è un malinteso tra i credenti, che porta a giudicare anziché a sostenere.

Quando una persona vive una condizione di astheneia prolungata, dove la malattia (fisica, mentale o emotiva) ha intaccato l'identità stessa, la dinamica per la guarigione è complessa e richiede più di una semplice "spinta" di fede.

La Bibbia dice che la donna aveva uno "spirito di infermità". Questo suggerisce che dietro la condizione fisica c’era un'influenza spirituale, un legame demoniaco che la teneva prigioniera. Non tutte le malattie hanno una causa spirituale diretta, ma in certi casi, specialmente quando la condizione è prolungata e resistente alla guarigione, è una possibilità da considerare seriamente. Quando una persona si ammala e cede alla malattia, accettandola come qualcosa di dovuto o di scontato, può aprire le porte della sua anima a spiriti di infermità.

Questo non significa che la persona sia "posseduta" nel senso tradizionale, ma che la prolungata sofferenza e la rassegnazione possono creare un "terreno fertile" per influenze spirituali negative. Questi "spiriti di infermità" rinforzano la rassegnazione, sussurrando menzogne sull’impossibilità di guarire e sulla disperazione. Offuscano la mente, rendendola incapace di afferrare la verità della Parola di Dio o di esercitare la fede. Legano la persona alla condizione di malattia, creando una dipendenza psicologica e spirituale da essa, rendendola "parte" di chi sono.

In questi casi, la guarigione può effettivamente richiedere un atto di liberazione. Non solo preghiera per la guarigione fisica, ma anche preghiera di liberazione spirituale per spezzare il legame con questo "spirito di infermità". È un atto di autorità spirituale, nel nome di Gesù, che dichiara la fine della schiavitù e la liberazione dell'individuo. Questo approccio richiede discernimento spirituale, grande amore e zero giudizio da parte dei credenti che cercano di aiutare. Non si tratta di condannare, ma di riconoscere che la persona è sotto un attacco spirituale che necessita di essere spezzato dalla potenza di Cristo.

Pertanto, la dinamica della guarigione per l'astheneia oggi è un processo che combina la compassione incondizionata, l'intervento attivo e autorevole di credenti maturi (che agiscono come mani e voce di Cristo), la proclamazione della Parola di Dio, e, quando necessario, la preghiera di liberazione specifica per spezzare legami spirituali che impediscono la guarigione completa.

Questo episodio ci insegna che la vera fede si manifesta nella compassione attiva, nella liberazione dall'oppressione (sia fisica che spirituale) e nella priorità dell'amore verso il prossimo sopra ogni tradizione o regola. Gesù ci invita a guardare al cuore della legge, che è sempre l'amore.

Gesù vide la donna. Questa è la chiave. Non aspettò che lei si facesse avanti. La sua compassione precede la richiesta. Oggi, questo si manifesta quando credenti maturi in fede, o la stessa comunità, si fanno "occhi e mani" di Cristo, identificando e raggiungendo coloro che sono intrappolati in questa astheneia.

Gesù non le chiese "Hai fede?". Le disse: "Donna, tu sei liberata dalla tua infermità". Fu una dichiarazione di autorità, una Parola di verità che squarciò il velo della rassegnazione. In questi casi, la proclamazione della verità di Dio (che Cristo ha già portato le nostre infermità e malattie) e l'intercessione potente sono fondamentali.

Gesù le impose le mani. Questo gesto non fu solo per trasferire potere, ma per ristabilire un contatto, per affermare la sua dignità e per spezzare visibilmente il giogo dell'infermità. Anche oggi, l'imposizione delle mani, l'unzione con olio, la preghiera specifica, sono atti che possono rompere le barriere invisibili

In un mondo dove la rassegnazione e la sofferenza diventano spesso un'identità, il racconto della donna piegata ci offre una speranza radicale. Non sei chiamato a rimanere prigioniero della tua condizione, né sei lasciato solo in essa. Gesù, con la sua azione compassionevole e la sua autorità, ti mostra la via verso una liberazione completa. 

La sua chiamata è anche per noi oggi: non a giudicare chi soffre, ma a manifestare una fede attiva che vede, interviene e libera. Se quella donna ha trovato il suo riscatto in un solo istante, quanto più noi, figli e figlie di Dio, possiamo confidare che la sua potenza è sufficiente a spezzare ogni catena, sia essa fisica, mentale o spirituale, per permetterci di raddrizzarci e glorificare Dio con tutto il nostro essere.

La Chiamata di Ogni Credente

Questo non è un potere riservato a pochi, ma una chiamata che Gesù ha esteso a ogni suo discepolo. 

Il Grande Mandato di Marco 16:15-18 proclama: 

"Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato. E questi sono i segni che accompagneranno quelli che avranno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni; parleranno in lingue nuove; prenderanno in mano dei serpenti; anche se berranno qualcosa di mortifero, non farà loro male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno".

Ogni credente, attraverso l'autorità del nome di Gesù, è stato equipaggiato per agire in questo modo. La guarigione della donna piegata non è solo un evento storico da ammirare, ma un modello da replicare. Siamo chiamati a essere le mani e i piedi di Cristo nel mondo, portando la stessa compassione e lo stesso potere liberatorio a chi è schiacciato dall'infermità fisica, dall'astenia mentale e dalla prigionia spirituale. Il nostro compito è quello di "andare", di "imporre le mani" e di "proclamare" la libertà che Cristo ha già conquistato per noi.


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Chi sono

Ciao a tutti e benvenuti su Pilastri della Fede! Sono Nadia Pianalto: nella vita sono moglie, mamma e nonna, ruoli che amo e che hanno arricchito il mio percorso. Ma c'è un altro aspetto della mia vita che mi sta profondamente a cuore e che desidero condividere con voi: la mia continua crescita nel cammino di fede. Sono cresciuta nella Chiesa Cristiana e per decenni ho vissuto la mia fede con grande impegno. Ero attiva nella comunità, seguivo le pratiche tradizionali e credevo sinceramente di dare il meglio. Tutto questo ha gettato le basi per la mia spiritualità e mi ha sostenuto nel mio percorso. Tuttavia, con il tempo, ho capito che c'era qualcosa in più. Pochi anni fa ho avuto una rivelazione profonda: pur amando la Chiesa, mi mancava una relazione personale e diretta con Dio. Questa non è stata una rottura con il passato, ma piuttosto un'evoluzione. Ho scoperto che una relazione con Dio si costruisce principalmente in due modi: Conoscendolo attraverso la Sua Parola, la...

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