Nel cammino di fede, è comune incontrare persone che affermano con sincerità di aver ricevuto rivelazioni personali da Dio. Di fronte a tali testimonianze, il primo istinto è quello del rispetto, ma subito dopo sorge una responsabilità cruciale per ogni credente maturo: il discernimento. È un dovere esaminare ogni cosa alla luce della Parola di Dio, chiedendo allo Spirito Santo l'illuminazione per distinguere la verità dall'errore.
Questo processo, per quanto giusto e necessario, ha però un limite fondamentale: la nostra personale conoscenza della Scrittura.
Il principio è semplice e universale: non si può riconoscere una contraffazione se non si conosce alla perfezione l'originale. Il nostro metro di giudizio non può essere l'emozione o la tradizione, ma unicamente la verità immutabile della Parola di Dio.
Il Pericolo della Devozione Cieca e il Modello dei Bereani
Molti cristiani, purtroppo, basano la loro certezza non sulla Scrittura, ma sull'autorità della propria chiesa o del proprio pastore. La stima per un leader spirituale diventa così profonda da inibire qualsiasi verifica personale delle sue predicazioni. L'approvazione si fonda sulla capacità del messaggio di generare benessere emotivo, piuttosto che sulla sua aderenza alla verità dottrinale.
Il libro degli Atti, tuttavia, ci offre un modello diametralmente opposto. I credenti di Berea sono elogiati e definiti di animo nobile per una ragione precisa:
«Or questi erano di animo più nobile di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così.» (Atti 17:11, R2)
Riflettiamo sulla portata di questo esempio. Essi non stavano ascoltando un predicatore qualunque, ma l'apostolo Paolo, colui che ricevette da Cristo la più grande rivelazione per la Chiesa, autore di buona parte del Nuovo Testamento e formato alla prestigiosa scuola di Gamaliele. Eppure, i Bereani non accettarono passivamente i suoi insegnamenti. Con umiltà e diligenza, verificavano ogni cosa nelle Scritture. Questo è lo standard a cui ogni credente dovrebbe aspirare.
La Crisi delle "Visioni" Contrastanti
Quando il discernimento basato sulla Scrittura viene a mancare, il risultato inevitabile è la divisione. La storia è testimone di innumerevoli denominazioni nate dalla "rivelazione" di un singolo individuo, portata avanti come una specifica "visione". Questo fenomeno genera una frammentazione sconcertante, spesso giustificata con frasi come: "Non abbiamo comunione con quella chiesa perché ha una visione diversa dalla nostra".
Parlate con i fondatori di questi movimenti e ascolterete storie avvincenti di incontri con Dio, rapimenti nello Spirito e dialoghi celesti. Ogni leader racconterà la propria esperienza con passione e assoluta convinzione. Il problema sorge quando queste "visioni", attribuite alla stessa fonte divina, sono palesemente in contraddizione l'una con l'altra.
Ci troviamo di fronte a uomini di Dio, la cui unzione e i cui frutti sono innegabili, che però predicano dottrine fondamentali in modi diametralmente opposti. Chi segue l'uno non può, per coerenza, seguire l'altro, perché le due visioni si annullano a vicenda.
Questa realtà può lasciare lo spirito sopraffatto e confuso, portando a una domanda angosciante: "Signore, come può la Tua Chiesa, il Tuo corpo, essere così divisa? Come possiamo proclamare il Vangelo con una voce così frammentata?"
Gesù stesso ci ha dato la chiave per comprendere la gravità di questa situazione. Sebbene parlasse del regno di Satana, il principio è universale:
«Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina; e ogni città o casa divisa contro se stessa non potrà reggere.» (Matteo 12:25, R2)
Un regno diviso non può sussistere. Se ministri unti da Dio predicano messaggi che si annullano a vicenda, non stanno edificando il Regno, ma, involontariamente, ne stanno minando le fondamenta. Questo genera confusione nei credenti ma diventa anche un ostacolo insormontabile per chi, dal di fuori, cerca la verità che alla fine conclude dicendo: "Siete così frammentati che non si capisce chi abbia ragione".
L'Obiettivo Divino: l'Unità della Mente di Cristo
Il contrasto tra questa realtà e l'ideale biblico non potrebbe essere più netto. Della Chiesa primitiva, la Scrittura dice:
«La moltitudine di quelli che avevano creduto era di un sol cuore e di un'anima sola...» (Atti 4:32, R2)
Essere di una sola mente e un sol cuore non significa annullare le individualità, ma condividere lo stesso pensiero fondante, la stessa "visione" radicata nella verità apostolica. Significa avere la mente di Cristo. Quando la Chiesa possiede la mente di Cristo, le discordanze dottrinali sulle fondamenta svaniscono, e tutti operano per il medesimo obiettivo.
Come si arriva a difendere una rivelazione personale anche quando è in conflitto con altre o con la Scrittura stessa? La risposta spesso risiede in due ostacoli spirituali:
1. L'Orgoglio: Ricevere una "rivelazione" può far sentire speciali, importanti. L'idea di mettere in discussione ciò che si crede di aver ricevuto direttamente da Dio può essere percepita come un attacco alla propria identità spirituale. È più facile consolidare l'errore che ammettere con umiltà: "Forse ho capito male".
2. L'Ignoranza Spirituale: Spesso si confonde il discernimento con l'incredulità. Per paura di "dubitare di Dio", si accetta tutto acriticamente, senza considerare l'influenza della nostra psiche (desideri, paure) o, peggio, l'inganno del nemico. Satana ingannò Eva nel contesto della perfezione del Giardino; quanto più facilmente può ingannare noi oggi?
Verificare una rivelazione non è incredulità; è ubbidienza. La Parola ci comanda:
«Carissimi, non crediate a ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio...» (1 Giovanni 4:1, R2)
Questo "provare gli spiriti" deve iniziare da noi stessi. Una vera rivelazione spirituale è un'illuminazione, un'intuizione data dallo Spirito Santo che porta alla luce una verità già presente nella Parola. Se non è ancorata a una profonda conoscenza delle Scritture e della volontà rivelata di Dio, quella che chiamiamo "intuizione spirituale" rischia di essere solo un'intuizione naturale: un prodotto della nostra mente, non dello Spirito di Dio.
La via per uscire dalla confusione è un ritorno radicale e umile alla Scrittura, con un cuore disposto a sentirsi dire da Dio: "No, non è così". Solo allora potremo abbandonare le nostre visioni divise e abbracciare l'unica, gloriosa visione del Regno di Dio.
Il Test Immutabile della Verità: Lo Spirito, l'Acqua e il Sangue
Di fronte a Gesù, Ponzio Pilato pose la domanda che riecheggia in tutta la storia umana: «Che cos'è la verità?» (Giovanni 18:38). La sua era una domanda forse retorica, intrisa del cinismo di chi non si aspetta più una risposta. Eppure, la Verità era lì, in piedi, davanti a lui. Come credenti, noi possediamo la risposta definitiva: Gesù Cristo è «la via, la verità e la vita» (Giovanni 14:6).
La sfida, tuttavia, consiste nel trasferire questa certezza assoluta nel campo pratico delle nostre esperienze spirituali. Come possiamo essere sicuri che una "rivelazione" o un'intuizione provenga effettivamente dalla Verità e non da un'altra fonte?
La Scrittura stessa ci fornisce un sistema di validazione infallibile. L'apostolo Giovanni ce lo presenta in modo mirabile:
«Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza [nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. E tre sono quelli che rendono testimonianza sulla terra]: lo Spirito, l'acqua e il sangue; e questi tre sono concordi.» (1 Giovanni 5:7-8, R2)
La parola chiave è concordi. Come secondo la legge mosaica ogni accusa doveva essere confermata dalla bocca di due o tre testimoni (Deuteronomio 19:15), così ogni presunta rivelazione divina, per essere ritenuta autentica, deve superare il test di questa triplice testimonianza divina. Se anche uno solo di questi testimoni non è in accordo, la rivelazione deve essere respinta. Analizziamoli singolarmente.
1. La Testimonianza dello Spirito
Lo Spirito Santo è la fonte attiva della rivelazione. È Lui, lo «Spirito della verità» (Giovanni 16:13), che ci guida in tutta la verità e glorifica Cristo. Una rivelazione autentica deve quindi portare l'impronta inconfondibile del Suo carattere.
Il Test Interiore: Una parola che viene dallo Spirito Santo porterà una pace e una certezza interiore che non genera confusione, ma consolida la fede. Non si tratta di una mera emozione, ma di una profonda e calma risonanza nel nostro spirito, che attesta la sua origine divina.
Il Test del Frutto: La rivelazione produrrà il frutto dello Spirito (Galati 5:22-23) e non le opere della carne. Essa promuoverà l'amore, l'unità, la santità e l'umiltà, mai la superbia, la divisione, la paura o l'esaltazione personale di chi la riceve.
Lo Spirito non testimonia mai da solo; la sua voce interiore è sempre e solo il primo dei tre testimoni concordi.
2. La Testimonianza dell'Acqua
Nel simbolismo biblico, l'acqua è una metafora costante della Parola di Dio (Efesini 5:26). Questa è la testimonianza oggettiva, esterna e immutabile che funge da verifica per ogni esperienza soggettiva.
Il Test della Conformità Scritturale: Ogni vera rivelazione sarà sempre in perfetta armonia con l'intero consiglio della Scrittura. Non può in alcun modo contraddire la dottrina consolidata, né aggiungere o togliere alcunché alla Parola di Dio rivelata e conclusa. Lo Spirito Santo non si contraddirà mai.
Il Test dell'Illuminazione: Una parola da Dio non renderà mai la Bibbia obsoleta, ma al contrario la illuminerà. Spingerà il credente ad amare di più la Scrittura, a studiarla più a fondo e a vederne le verità con maggiore chiarezza. Se una rivelazione ti porta a dare più peso alle parole di un "profeta", a un libro, a una serie di sogni o a un'esperienza mistica piuttosto che alla Bibbia stessa, è un segnale d'allarme. Una vera parola da Dio genera una fame più profonda per la Scrittura, non la sostituisce.
Se si basa su principi di psicologia, filosofia, auto-miglioramento o "buon senso" che, sebbene possano apparire saggi, non sono radicati nella verità del Vangelo, allora non è di origine divina. La sapienza di Dio spesso appare "follia" al mondo (1 Corinzi 1:18), e viceversa. Una rivelazione divina non cercherà mai l'approvazione della sapienza umana.
La Parola è l'ancora che impedisce alla nostra barca spirituale di andare alla deriva, trascinata dalle correnti delle esperienze soggettive.
Le esperienze spirituali come visioni, sogni e profezie sono biblicamente valide, ma non sono mai state intese per essere il fondamento della fede. Sono manifestazioni dello Spirito il cui scopo è edificare, esortare e consolare, sempre all'interno della cornice della verità già rivelata.
Una rivelazione autentica ha sempre radici chiare e profonde nella Parola. Questo significa che:
Deve essere Verificabile: I suoi principi, il suo carattere e il suo scopo devono trovare un precedente o un fondamento nel testo biblico. Non deve introdurre concetti o dottrine "nuove" che non possano essere sostenute dall'intero consiglio di Dio.
Non può essere Autoreferenziale: Se il fondamento di una visione è la visione stessa ("è vero perché l'ho visto"), allora è costruita sulla sabbia dell'esperienza soggettiva. Il suo unico banco di prova e la sua unica fonte di legittimità devono essere le Scritture.
Una vera visione da Dio funziona come un riflettore: non crea un nuovo scenario, ma illumina potentemente una porzione del paesaggio già esistente (la Parola), rendendone chiari i dettagli per una situazione specifica. Se qualcuno invece pretende che la sua visione sia un nuovo paesaggio a sé stante, sta costruendo su un terreno diverso da quello posto da Cristo e dagli apostoli.
In sintesi, la Parola di Dio deve essere sia la fonte da cui scaturisce ogni nostra comprensione, sia il filtro attraverso cui ogni nostra esperienza viene vagliata.
3. La Testimonianza del Sangue
Il sangue rappresenta in modo inequivocabile l'opera compiuta da Cristo sulla croce. È il cuore del Vangelo, il fondamento della nostra salvezza e di ogni verità neotestamentaria.
Il Test della Centralità di Cristo: Ogni autentica rivelazione deve, in ultima analisi, glorificare Gesù Cristo e magnificare il Suo sacrificio redentore. Il suo scopo sarà sempre quello di esaltare la Sua persona, la Sua opera e la Sua sufficienza. Se una rivelazione esalta l'uomo, un ministero, un'organizzazione o una "visione" più di Cristo, fallisce questo test fondamentale.
Il Test della Coerenza con il Vangelo: La rivelazione deve essere coerente con il messaggio della grazia. Non può introdurre nuove condizioni per la salvezza, né sminuire la potenza del sangue di Cristo nel purificare da ogni peccato. Deve affermare la giustificazione per fede e la santificazione che ne consegue.
In sintesi, mentre Pilato si allontanò dalla Verità personificata, noi abbiamo ricevuto il privilegio di conoscerla e gli strumenti per validarla. Ogni nostra esperienza spirituale deve essere sottoposta a questo vaglio: è attestata interiormente dallo Spirito? È confermata esternamente dall'acqua della Parola? Ed esalta l'opera redentrice del sangue di Cristo?
Solo quando questi tre testimoni parlano all'unisono, possiamo essere certi di trovarci di fronte alla verità.
La Via per l'Unità: Ripristinare il Fondamento della Verità
Se ogni rivelazione, ogni "visione", ogni dottrina e ogni insegnamento venissero umilmente e rigorosamente sottoposti al vaglio di questi tre testimoni divini — lo Spirito, l'Acqua e il Sangue — il panorama della Chiesa cambierebbe radicalmente. Assisteremmo alla dissoluzione delle barriere che oggi ci separano, non perché le nostre diversità verrebbero annullate, ma perché sarebbero radicate in un fondamento comune e incrollabile.
La divisione, infatti, non nasce dalla diversità dei doni o dei ministeri, ma dalla deviazione dalla Verità oggettiva. Quando una rivelazione personale non concorda con la Parola (l'Acqua) o non glorifica l'opera di Cristo (il Sangue), genera inevitabilmente un percorso divergente. Ma poiché lo Spirito, l'Acqua e il Sangue sono perfettamente e immutabilmente concordi, una Chiesa che si attiene alla loro triplice testimonianza non può che camminare nell'armonia e nell'unità. L'unità non è il risultato di uno sforzo umano di compromesso, ma il frutto spontaneo di una comune sottomissione alla Verità.
Un Appello Urgente per Tempi di Confusione
In questi ultimi tempi, più che mai, il mondo è dominato dalla confusione e la Chiesa rischia di perdere la sua identità e la sua voce profetica. Viviamo nell'era del soggettivismo, dove l'esperienza personale è spesso elevata al di sopra della verità rivelata. In questo contesto, il richiamo a questo triplice criterio di discernimento non è solo opportuno, è vitale.
La Chiesa ha smarrito la sua vera vocazione non per mancanza di zelo o di sincerità, ma per aver perso il suo ancoraggio. La sua chiamata non è quella di costruire regni personali basati su visioni private, ma di essere «colonna e sostegno della verità» (1 Timoteo 3:15).
È chiamata a essere la luce del mondo e il sale della terra, ma come può illuminare se la sua stessa luce è frammentata in mille direzioni diverse? Come può insaporire il mondo se ha perso il suo sapore originale?
Ripristinare la chiamata, quindi, significa ritornare a essere custodi e proclamatori della Verità nella sua semplicità, così come ci è stata trasmessa. Significa avere il coraggio di esaminare tutto, a partire da noi stessi, alla luce della Scrittura. Significa sottomettere le nostre esperienze più care e le nostre rivelazioni più avvincenti all'autorità suprema della Parola di Dio e alla centralità del Vangelo di Cristo.
L'invito è per ogni credente, per ogni pastore e per ogni leader: non permettiamo che la confusione prevalga. Ritorniamo al fondamento. Sottoponiamo ogni spirito, ogni parola e ogni visione alla testimonianza concorde dello Spirito, dell'Acqua e del Sangue. Solo così la Chiesa potrà ritrovare la sua unità, la sua autorità spirituale e compiere il mandato che le è stato affidato, diventando quella voce chiara e unanime di cui questo mondo ha disperatamente bisogno.
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